La Casa Famiglia raccontata con le parole di d. Cesare

Vasile esce dalla “Casa famiglia” già alle sette del mattino e scendendo dalla collina si avvia verso la città, dove lo attende il bus che lo condurrà a scuola, alla quale arriverà dopo circa un’ora. Ma dopo di lui anche Sergiu, Maria, Natalia, Gheorghe ed altri percorrono lo stesso itinerario e si recano nei diversi istituti scolastici della città di Chisinau in Moldova.

La “Casa famiglia” è di fatto la loro famiglia, un focolare domestico nel quale hanno ritrovato la gioia di vivere e soprattutto l’idea di una famiglia, di un sostegno nella crescita, di un supporto affettivo che li possa un domani riportare nella quotidianità, come uomini e donne libere.

La povertà e l’abbandono purtroppo non rendono liberi questi bambini delle società dell’est, da tutti definiti “orfani sociali”, cioè abbandonati a se stessi, in baracche o peggio ancora in lugubri tombini adibiti al passaggio dell’acqua calda.

Dalla strada si passa alla vita normale, e tutto questo grazie ad un gesto di carità, che tende la mano a dei ragazzi e ragazze, in genere dai sette ai quattordici anni, per condividere un cammino di crescita umana, ma nella normalità.

Vasile e Maria hanno visto la loro madre morire per mano di un violentatore, Natalia non conosce la sua famiglia di origine, Victoria era stata consegnata a degli aguzzini all’interno di un albergo. E così via tante storie, scritte dalla crudeltà umana e riscritte dall’impegno della Chiesa cattolica in Moldova e soprattutto dall’azione concreta della Fondazione Regina Pacis, che opera costantemente a servizio di questi ragazzi abbandonati.

L’impegno della Chiesa cattolica in Moldova, come in tutti i paesi dell’est, non è facile, per tanti motivi, dall’esiguità del numero dei cattolici ad una cultura ancora statalista che non permette nulla. E’ un cammino in salita, che certamente non scoraggia la carità e la fede, ma richiede il sostegno delle Chiese sorelle.

Alcuni amici di Rimini hanno visitato la “Casa famiglia”, cogliendo con non poca emozione la sofferenza dei ragazzi, ma anche l’impegno dei diversi operatori, ecco perché è nata l’idea di affidare questa struttura per i ragazzi alla protezione del buon “don Italo”, in continuità con la sua passione sacerdotale ricca di carità e di attenzione agli ultimi.

Dire, allora, che Chisinau attende don Italo, è un messaggio di speranza e poter ancor di più dedicare la “Casa famiglia” a lui, un prete che ha servito gli ultimi, perché la sua passione sacerdotale non abbia fine è bello.

Molto dipenderà dai suoi parrocchiani, che dovranno ben comprendere il valore di questa scelta, il significato di avere una “parrocchia allargata”, i cui confini giungono fino alla lontana Moldova, per amare, servire, condividere, donare.

Tutto questo diventa azione di carità, che permette alla Parrocchia di maturare scelte di autentico impegno evangelico e nello stesso tempo costruire relazioni all’interno della Chiesa universale, che sa amare il prossimo ovunque e sempre.

d. Cesare Lodeserto

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